L'ORIENTE IN TASCA

Come Hollywood ha Inventato un Mondo che non Esiste

Negli anni '20 e '30, tra le mani di milioni di persone in Europa e in America, circolavano piccole immagini a colori inserite nei pacchetti di sigarette. Queste figurine, o cigarette cards, erano un fenomeno di massa onnipresente. Permettevano alle persone comuni di "collezionare" il mondo in miniature patinate: animali esotici, meraviglie dell'ingegneria e, soprattutto, le stelle del cinema di Hollywood. L'atto di incollare meticolosamente queste carte in un album non era un semplice passatempo; era un modo per possedere, ordinare e comprendere la cultura globale. L'album del collezionista diventava una versione domestica e miniaturizzata dell'archivio imperiale. Questo ci pone una domanda fondamentale: che tipo di "Oriente" veniva mostrato e posseduto in queste piccole immagini? E cosa ci rivela sul modo in cui l'Occidente ha immaginato, e quindi dominato, un mondo che non ha mai veramente cercato di capire?

Che cos'è l'Orientalismo? Una Definizione Semplice

Per rispondere a questa domanda, dobbiamo fare riferimento a un concetto cruciale formulato dallo studioso Edward Said: l'Orientalismo. Non si tratta di un semplice interesse per le culture asiatiche, ma di qualcosa di molto più profondo e potente. Said lo definisce come: "una sorta di proiezione occidentale sull'Oriente con la volontà di dominarlo". In altre parole, l'Orientalismo non descrive l'Oriente reale, ma è un costrutto inventato dall'Occidente per i propri scopi. È un sistema per creare un "Oriente 'addomesticato'", un'entità monolitica e semplificata che esiste solo in opposizione all'Occidente: se l'Occidente è razionale, l'Oriente è irrazionale; se è moderno, l'Oriente è senza tempo; se è mascolino, l'Oriente è femminile e passivo. Il concetto si basa su un'idea fondamentale, riassunta perfettamente da Said: "Loro non possono rappresentare sé stessi; devono essere rappresentati". È l'Occidente, quindi, che si arroga il diritto di parlare per l'Oriente, di definirlo e di raccontarne la storia

 La Fabbrica degli Stereotipi

Cinema e Figurine

Nel XX secolo, il veicolo più potente per diffondere questa visione orientalista è stato senza dubbio il cinema di Hollywood. 

Card n.125 JOSETTI FILM ALBUM N°1

JOSETTI - BERLIN (1930)

(collezione personale)

Film come The Sheik (1921), o il seguito The Son of the Sheik (1926), non erano documentari, ma proiezioni di fantasie occidentali su un "Oriente" immaginario, descritto come un luogo di sensualità sfrenata, dispotismo crudele e passività sottomessa. Le figurine delle sigarette agivano come un potente amplificatore di questa fabbrica di stereotipi. Non erano un semplice intrattenimento, ma una vera e propria "tassonomia della cultura di massa". Collezionare la figurina di una star in un ruolo "orientale" significava partecipare a questo processo di classificazione. L'Oriente cessava di essere un insieme complesso di culture e diventava un'immagine da possedere, un "tipo" da inserire in un album. L'esotismo veniva addomesticato, rimosso da ogni contesto autentico e trasformato in un prodotto di consumo per l'acquirente occidentale. Questa fabbrica di stereotipi operava attraverso una duplice strategia, tanto efficace quanto perversa: da un lato, la creazione di maschere artificiali per volti occidentali; dall'altro, l'imprigionamento di volti autentici in gabbie dorate.

La Maschera dell'Altro L'Oriente come Costume ("Yellowface")

 Il meccanismo più evidente e pervasivo dell'Orientalismo hollywoodiano era lo "yellowface": la pratica di attori bianchi truccati per interpretare ruoli asiatici. Questo non era solo un problema di casting o di mancanza di opportunità per gli attori asiatici; era un atto di potere che affermava che l'identità asiatica non era una realtà vissuta, ma un semplice costume, una maschera che poteva essere indossata e rimossa a piacimento

Card n.3 Serie 78 DIE WELT IN BILDER - ALBUM 3

CIGARETTENFABRIK JOSETTI G.m.b. H. Berlin (1932)

(collezione personale)

Nessuno incarna questo approccio meglio di Lon Chaney, noto come "L'Uomo dai Mille Volti". La sua fama si basava sulla sua abilità quasi grottesca di trasformare il proprio corpo attraverso il trucco. La sua interpretazione di Mr. Wu nel film omonimo del 1927 è un caso di studio perfetto. Per "diventare" orientale, Chaney si sottoponeva a un processo tecnico estenuante: 

• Pelle di pesce ("fishskin"): Usava strisce di questo materiale e colla per tirare la pelle intorno agli occhi e al naso, creando una fisionomia "asiatica" stereotipata. 

• Lana cardata ("crepe hair"): Veniva utilizzata per creare i caratteristici baffi alla Fu-Manchu. 

• Tempo di preparazione: L'intera trasformazione richiedeva dalle quattro alle sei ore. 

L'insegnamento chiave emerge osservando la sua figurina. La carta non celebra il personaggio di Mr. Wu, ma la maestria tecnica dell'attore bianco Lon Chaney. L'identità orientale viene così ridotta a un set di protesi, a un trucco da prestigiatore. È un'illusione, e il merito va all'illusionista