La vicenda di “The Flag” affonda le radici in una delle più antiche e influenti famiglie del tabacco britannico: W.D. & H.O. Wills. Fondata nel 1786 a Bristol da Henry O. Wills, l’azienda fu la prima in Gran Bretagna a produrre sigarette in serie e incubò molte delle pratiche di marketing che, ancora oggi, consideriamo moderne. Fu proprio Wills a sperimentare per prima l’inserimento delle “cigarette cards” nei pacchetti: piccoli cartoncini illustrati che, oltre a proteggere le sigarette, fidelizzavano il consumatore e trasformavano un acquisto di routine in una piccola caccia al tesoro. All’inizio del Novecento, la crescente concorrenza degli Stati Uniti – guidata dalla mastodontica American Tobacco Company – spinse Wills e dodici altre imprese britanniche a unire le forze. Nacque così, nel 1901, l’Imperial Tobacco Company, organismo che inglobò i marchi più noti, tra cui Wills, e consolidò la supremazia di Londra sulla nuova “industria delle bionde”. Soltanto tre anni dopo, però, la necessità di cooperare oltremare spinse a un’alleanza ancora più ambiziosa: Wills e la sua controllata americana si fusero nella British American Tobacco (BAT), gemellando le reti commerciali londinesi con quelle di New York. L’apertura dei mercati coloniali in Sudafrica vide BAT cercare un partner locale e, nel 1904, nacque la United Tobacco Companies Ltd. Di questa holding facevano parte due filiali: una a Johannesburg, l’altra – con il nome ufficiale in rigoroso maiuscolo – THE UNITED TOBACCO COS. (SOUTH) LTD., con quartier generale a Città del Capo. Sarebbe stata proprio quest’ultima a raccogliere l’eredità diretta di W.D. & H.O. Wills nella regione, sfruttando la foglia di tabacco della Rhodesia del Sud (oggi Zimbabwe) per alimentare una produzione ormai globalizzata. Fu in questo contesto che apparve “The Flag”, marchio ideato per il consumo locale sudafricano. Le confezioni, dal design sobrio ed elegante, declinavano il simbolo della bandiera britannica in un’iconografia rassicurante, capace di evocare affidabilità e qualità artigiana.
Sul retro delle cigarette cards dedicate alle star del cinema muto campeggiava la dicitura: “La bandiera / Prodotta in Sud Africa da THE UNITED TOBACCO COS. (SOUTH) LTD. / successore di W.D. & H.O. Wills / Bristol e Londra.” Questa frase, più che una semplice informazione di filiera, raccontava una continuità aziendale: The Flag non era un prodotto “estraneo” o importato, bensì il degno erede di un patrimonio di fama e know-how britannici. La Seconda Guerra Boera (1899–1902) svolse un ruolo decisivo nell’affermare la supremazia di Wills in Sudafrica. Durante il conflitto, la logistica militare privilegiò le navi mercantili britanniche – affidabili, coordinate centralmente dal governo e protette lungo le rotte imperiali – rispetto alle concorrenti americane. Questo favorì il rifornimento costante dei depositi, compresi quelli di tabacco, e garantì al marchio un vantaggio competitivo duraturo. L’efficienza della flotta inglese venne così trasferita al commercio civile, permettendo a Wills di radicarsi con forza nei punti vendita sudafricani proprio nelle fasi più critiche della guerra e della ricostruzione. Proprio per valorizzare questa leadership, nel corso degli anni Venti la United Tobacco Companies (South) lanciò una delle sue iniziative pubblicitarie più raffinate: la serie BAT Cinema Stars (Flag). In slim packs di cartoncino a colori, venivano riprodotte le sagome di attori e attrici celebri come Theda Bara, Charlie Chaplin, Ramon Novarro, Pearl White e Douglas Fairbanks. Il fronte di ogni carta era un piccolo ritratto, mentre sul retro faceva bella mostra il pacchetto di “Wills’ Flag” e il marchio della filiale sudafricana. I collezionisti più zelanti potevano così comporre album tematici e, contemporaneamente, affinare la propria conoscenza delle nuove star hollywoodiane.L’accostamento tra il glamour del cinema e l’eleganza dell’astuccio “The Flag” faceva leva su due mondi apparentemente distanti: da un lato il tabacco, bene di uso comune; dall’altro l’intrattenimento, specchio di sogni e aspirazioni. Questa sinergia spinse le vendite e trasformò le cigarette cards in oggetti di culto, ancora oggi ricercatissimi dagli appassionati di “tobacciana” e di memorabilia del cinema muto.Anche il packaging contribuì a questa narrazione. Le confezioni da 10 sigarette, disegnate con cornici sobrie, lettering chiaro e un raffinato impiego del bianco e del rosso, facevano emergere l’idea di un prodotto “di classe”, pensato per chi non rinunciava a un tocco di stile neanche nel gesto quotidiano del fumo. Allo stesso tempo, l’indicazione di origine – “Sud Africa” – non suonava come un compromesso, bensì come un marchio di eccellenza a pieno titolo, grazie alle tecniche produttive importate da Bristol e alla qualità delle foglie africane.Il successo di The Flag e delle sue campagne dimostra come un’impresa coloniale potesse integrare eredità europea e risorse locali, trasformando il tabacco in un vettore di identità visiva e culturale. Oggi, quei piccoli cartoncini e quegli astucci colorati sono più che semplici cimeli: sono la testimonianza di un’epoca in cui il mercato globale si costruiva navigando rotte imperiali, stringendo alleanze industriali e celebrando icone dello spettacolo. E ci ricordano che dietro ogni brand, anche il più umile, c’è sempre una rete di storie, conflitti e creatività capaci di cambiare l’immaginario delle generazioni.